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autore
brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), V, 6
 
originale
 
6. Nec mora, cum paulo maturius lectum maritus accubans eamque etiam nunc lacrimantem complexus sic expostulat: "Haecine mihi pollicebare, Psyche mea? Quid iam de te tuus maritus exspecto, quid spero? Et perdia et pernox nec inter amplexus coniugales desinis cruciatum. Age iam nunc ut voles, et animo tuo damnosa poscenti pareto! Tantum memineris meae seriae monitionis, cum coeperis sero paenitere." Tunc illa precibus et dum se morituram comminatur extorquet a marito cupitis adnuat, ut sorores videat, luctus mulceat, ora conferat. Sic ille novae nuptae precibus veniam tribuit et insuper quibuscumque vellet eas auri vel monilium donare concessit, sed identidem monuit ac saepe terruit ne quando sororum pernicioso consilio suasa de forma mariti quaerat neve se sacrilega curiositate de tanto fortunarum suggestu pessum deiciat nec suum postea contingat amplexum. Gratias egit marito iamque laetior animo: "Sed prius" inquit "centies moriar quam tuo isto dulcissimo conubio caream. Amo enim et efflictim te, quicumque es, diligo aeque ut meum spiritum, nec ipsi Cupidini comparo. Sed istud etiam meis precibus, oro, largire et illi tuo famulo Zephyro praecipe simili vectura sorores hic mihi sistat", et imprimens oscula suasoria et ingerens verba mulcentia et inserens membra cohibentia haec etiam blanditiis astruit: "Mi mellite, mi marite, tuae Psychae dulcis anima." Vi ac potestate Venerii susurrus invitus succubuit maritus et cuncta se facturum spopondit atque etiam luce proxumante de manibus uxoris evanuit.
 
traduzione
 
?Cos? quando il suo sposo, pi? presto del solito, le si distese al fianco e stringendola fra le braccia sent? che piangeva: 'Sono queste' le disse 'le tue promesse, Psiche? Che cosa pu? aspettarsi da te, che cosa pu? sperare un marito? Non fai altro che piangere giorno e notte e non smetti di tormentarti neanche quando sei fra le mie braccia. Fa pure quello che vuoi, va pure dietro al tuo cuore e tienti il danno, ma quando comincerai a pentirtene, e sar? tardi, ricordati che io ti avevo seriamente avvertito.' ?Ma ella con mille preghiere, minacciando perfino che si sarebbe data la morte, strapp? al suo sposo il permesso di vedere le sorelle, di consolare il loro dolore, di trattenersi un poco a parlare con loro. Ed egli cedette all'insistenza della giovane sposa e le concesse perfino che donasse alle sorelle tutto l'oro e i gioielli che credeva ma, nello stesso tempo, l'avvert? se veramente e con parole ch? le fecero paura, di non indagare, magari seguendo i cattivi suggerimenti delle sorelle, sull'aspetto di lui, di non cedere a una simile sacrilega curiosit?, perch? allora, da tanta beatitudine sarebbe precipitata nella rovina pi? nera e non avrebbe pi? goduto dei suoi amplessi. ?Ella ringrazi? lo sposo e tutta contenta lo rassicur? che avrebbe preferito cento volte morire piuttosto che non fare pi? all'amore con lui, che lo amava ardentemente, chiunque fosse, che le era caro come la vita e che lo preferiva perfino allo stesso Cupido: 'Ma ti prego' gli diceva tra i baci 'concedimi ancora questo: comanda al tuo servo Zefiro di portar qui le mie sorelle al modo stesso che lo fui io' e gli sussurr? mille dolci paroline e si avvinghi? al suo corpo quasi a costringerlo, continuandogli a ripetere fra le carezze: 'Gioia mia, sposo mio diletto, dolce anima della tua Psiche.' ?Suo malgrado lo sposo cedette alla forza e alla seduzione di quei sussurri d'amore e promise che avrebbe fatto quello che lei voleva; poi, appressandosi l'alba, si sciolse dagli amplessi della sposa a svan
 

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